Super Brain vs inconscio: 2-0? Non direi…

Articolo pubblicato sul blog del V Congresso Europeo di Psicoanalisi Pipol 9 "Inconscio e cervello niente in comune" del 13 e 14 luglio 2019

https://www.pipol9.eu/2019/05/14/adele-succetti-super-brain-vs-inconscio-2-0-non-direi/?lang=it

Nella trasmissione televisiva Superbrain – le Supermenti (https://www.raiplay.it/programmi/superbrainlesupermenti/) abbiamo la possibilità di vedere all’opera varie manifestazioni di quello che viene considerato un Super Brain. Si tratta di persone che, dopo una lunga preparazione solitaria, si presentano in televisione per mostrare al grande pubblico le super abilità del loro cervello: abilità di memorizzare elementi significanti (parole, numeri, dettagli) da ripetere in seguito, abilità di concentrarsi anche in condizioni estreme, abilità di ricostruire mnemonicamente un’immagine appena vista, abilità di controllare il corpo e le sue azioni, ecc.. Di fatto, essi mostrano la capacità propria del parlessere di “non volerne sapere” nulla di quello che non serve, lo “stupido” inconscio, per il compito che si è dato autonomamente o che viene imposto al suo super cervello.  

I concorrenti che partecipano alla trasmissione mostrano capacità mentali inaudite, un “cervello freddo” – come uno di loro si è fatto chiamare – che, pur generando ammirazione e invidia in chi li vede, restano comunque dei fenomeni da baraccone dell’epoca della scienza, che eccellono nell’identificazione e nella ripetizione “dell’Uno di cui si costituisce lo sperimentale della scienza”. (1)

Di fatto, però, perché la trasmissione abbia presa sul pubblico e sui giurati e affinché la prova si produca è necessario l’inconscio, che si manifesta nelle battute di spirito dei giurati – che, in questo modo, umanizzano un po’ la Supermente –, nel racconto della breve storia personale del concorrente, che parla della sua personale passione per l’Uno, nella voce della bella presentatrice, che accompagna ogni singola prova, e nel tempo dilatato della prova che aumenta il desiderio di chi la segue, nel pubblico o da casa. L’inconscio quindi è necessario perché sia possibile la trasmissione televisiva, e non si tratti semplicemente di un test da laboratorio che valuta le abilità mentali. Anche la scelta del vincitore – le cui capacità sono impossibili da contabilizzare poiché si tratta di singoli individui molto diversi fra loro, ognuno con la propria Super-specificità – è lasciata al gusto dei giurati e al gusto del pubblico – vale a dire alle dimensioni soggettive dei singoli desideri e delle molteplici identificazioni. E, in effetti, nella serata a cui mi riferisco, non ha vinto il “cervello freddo” di un concorrente che, immerso fino al collo nel ghiaccio, è stato in grado di memorizzare e di ripetere nomi di capitali europee e delle rispettive temperature. Ha vinto, invece, il concorrente in grado di ricostruire con un cubo di Rubik le forme attraenti di una showgirl presente in scena e che faceva parte dei giurati!

Dalla trasmissione televisiva possiamo, quindi, dedurre due mondi opposti fra loro: da un lato il cervello “tutto-da-solo” e il suo laboratorio, dall’altro l’inconscio e il desiderio che crea la trasmissione. Da un lato il cervello che vince – in prove impressionanti delle sue abilità – dall’altro l’inconscio che fallisce e che, quindi, prospera perché fa legame sociale. Da un lato il tutto del cervello (un po’ gelato…), che si ripete, dall’altro il “non-tutto” dell’inconscio che, includendo il buco, fa legame con l’Altro.

 

  1. J. Lacan, “Télévision”, in Autres écrits, Seuil, Paris, 2001, p. 528.