Presentazione del libro "Declinazioni del desiderio dello psicoanalista, l'esperienza di Serge Cottet"

Presentazione libro di Serge Cottet – 6 maggio 2020

Ringrazio molto Irene d’Elia, responsabile Biblioteca della Segreteria di Rimini della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, e con lei tutta la Segreteria di Rimini per avermi invitata a presentare il libro di Serge Cottet “Declinazioni del desiderio dello psicoanalista, l’esperienza di Serge Cottet” e per aver organizzato questo momento di Scuola su zoom. É uno strumento nuovo, almeno per me, internet e zoom, per la presentazione di un libro che, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, è difficile da reperire, e la cui distribuzione è piuttosto complicata. Scommettiamo, però, sul valore della lettera rubata, che circola tra di noi, alcuni se la sono procurata prima delle misure di contenimento, altri sono riusciti ad avere il formato in pdf… ma il libro manca!! Il libro ci manca! Ed è questa mancanza che iscrive in noi, sin da ora, qualcosa del mistero di un oggetto di cui cercheremo di parlare, che desideriamo e che, speriamo, quando arriverà a destinazione, permetterà la trasmissione di un desiderio, il desiderio deciso nella e per la psicoanalisi lacaniana che era quello di Serge Cottet.

Come si può intuire dal titolo, il testo non è stato scritto da Serge Cottet – che purtroppo ci ha lasciati, improvvisamente, nel novembre del 2017 – ma contiene una serie di suoi articoli – già pubblicati in francese nelle riviste dell’Ecole de la Cause freudienne – ma non ancora pubblicati in italiano e che io, appoggiata in questo dalle attuali istanze della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, in primis Loretta Biondi (che ha scritto anche la prefazione al testo) e Laura Storti, ho ritenuto potessero essere di grande interesse per il lettore italiano, lacaniano e non solo, oltre ad essere un tributo, un omaggio al lavoro pluriennale che Serge Cottet ha fatto, con grande generosità e sempre con estremo rigore, nel Campo freudiano, in Francia, in Europa, in America Lacan e anche in Italia. Serge Cottet, infatti, è venuto spesso in Italia, una terra che amava – sin dagli anni ’80 con Francesca Biagi-Chai – impegnandosi nel difficile compito della trasmissione della psicoanalisi e in molti, fra cui la sottoscritta, abbiamo avuto la fortuna di ascoltarlo (anche a Rimini) nelle sue conferenze, nei suoi seminari di lettura per l’Istituto freudiano e nei suoi commenti precisi e attenti durante la presentazione di casi clinici.

In Italia, esistono già alcune sue pubblicazioni: alcuni articoli importanti pubblicati nelLa Psicoanalisi e il suo testo su “Freud e il desiderio dello psicoanalista”, pubblicato da Borla nel 2011, che ho tradotto quando era ancora in vita, con la sua autorizzazione, un “saggio”, come dice Serge Cottet nella sua prefazione all’edizione italiana, che serve ancora oggi da controfuoco, da difesa “rispetto alle imprese volte a dissolvere il pensiero analitico”. Cottet non parlava l’italiano ma si è fidato della mia traduzione ed è stato felice di sapere che il suo testo, benché fosse un suo lavoro degli anni ’90 del secolo scorso, sia stato molto letto ed apprezzato. In seguito, però, sempre preciso, quasi – oserei dire – maniacale, quando si trattava della trasmissione, mi ha fatto notare che, forse, avevo mitigato il tono del suo testo, che avevo edulcorato un po’ il suo stile rendendolo più leggibile…. Io spero di no… Ma, in effetti, tradurre da una lingua all’altra è dell’ordine dell’impossibile, il reale di una lingua non si può traslare in un’altra. È un dato di fatto. Il traduttore è destinato, nonostante la sua buona volontà, ad essere un traditore… La traduzione, in effetti, è sempre una riscrittura.

Come indica Jacques Lacan nel Seminario V, la traduzione è sempre una “sostituzione eteronima”, perché si passa da un sistema linguistico a un altro che, nonostante l’origine latina comune, restano due sistemi assolutamente diversi, senza-rapporto… Per me tradurre, o meglio cercare di a-tradurre lo stile di Serge Cottet – estremamente colto e preciso nei suoi riferimenti, ironico ma mai cinico, fermo e capace di contrappuntare una frase teorica complessa con un modo di dire, una locuzione della lingua parlata, il titolo di una canzone o equivoci propri della lalingua francese per farne emergere il reale – è stata una sfida difficile, che ho abbracciato con l’umiltà imposta da un compito impossibile e con il transfert-desiderio che mi ha spinto a farlo. Un desiderio deciso, oserei dire, visto che l’ho pensato alla fine del 2017 e ho fatto di tutto perché questo progetto si realizzasse…. D’altro canto, come dice Lacan nel 1973, nella sua Dichiarazione a France Culture a proposito del 28esimo Congresso Internazionale di Psicoanalisi, “c’è sempre una perdita nella traduzione; e bene, ciò di cui si tratta, è in effetti che si perda; si tocca, nevvero, il fatto che questa perdita è il reale stesso dell’inconscio, il reale stesso in generale. Il reale per l’essere parlante è che si perde da qualche parte, e dove? É qui che Freud ha messo l’accento, si perde nel rapporto sessuale”. L’atto di tradurre, in un certo qual modo, fa toccare con mano il fatto che si perde sempre qualcosa, che non esiste rapporto…. mai…

A-traducendo gli articoli di Serge Cottet, ho comunque cercato di fare del mio meglio, a partire da una perdita di struttura, con la speranza di far passare, oltre al senso di quello che egli scrive, il sapore del suo stile talvolta un po’ brusco, diretto, “senza peli sulla lingua” quando risponde ai detrattori della psicoanalisi; sicuramente denso e animato da un desiderio di ben-dire quando riflette sui concetti classici introducendo punti di vista nuovi o che aprono al nuovo. Il suo stile richiede, talvolta, un più di desiderio per afferrarlo… e, forse, più letture… da lasciar decantare – perché l’inconscio lavori – per riprenderle in seguito… La struttura del testo – che di fatto è una raccolta di articoli – permette precisamente questo tipo di lettura: un articolo alla volta, ognuno su un tema specifico, che però permette di cogliere il tema trattato (Freud e la sua attualità, il simbolico oggi, la clinica degli adolescenti, dei genitori, ecc…) da un’angolatura sempre nuova, al di fuori degli stereotipi (anche lacaniani..), con una topologia che permette di deformare i concetti, le formule psicoanalitiche senza perdere in alcun modo il loro valore epistemico… anzi confermando il valore di quei concetti proprio perché rinnovati dal reale che essi riescono a circoscrivere. Negli articoli – suddivisi in tre sezioni a seconda degli ambiti in cui il desiderio dell’analista si esplica e cioè nella teoria psicoanalitica, nella lettura del disagio contemporaneo e nella clinica – si tratta, ovviamente, della psicoanalisi illuminata dall’insegnamento di Jacques Lacan e orientata dalle riflessioni prodotte nel Campo freudiano in Francia, in primis dal lavoro di geniale apripista che ha fatto, per noi tutti, Jacques-Alain Miller.

Ma che cos’è il desiderio dell’analista? Come dice Cottet nel suo testo Freud e il desiderio dello psicoanalista è “un desiderio, mai venuto alla luce prima di Freud, inedito, è stato infine rivelato da Lacan come il vero fondamento della cura psicoanalitica. Al momento dell’entrata in analisi, costituisce il perno sul quale poggia il transfert. Alla fine del trattamento, esso riemerge nel nuovo rapporto che l’analizzante instaura con il sapere inconscio”. Oltre ad essere il perno su cui poggia il transfert, esso si manifesta nella cura, con il taglio della seduta e le diverse modalità dell’interpretazione che punta al reale. Nella trasmissione della psicoanalisi – sia agli analizzanti in formazione che al grande pubblico – esso si manifesta a partire dal nuovo rapporto con l’inconscio che l’esperienza dell’analisi permette: non l’infatuazione per l’inconscio, ma l’inconscio come elaborazione di senso che ci protegge – addirittura ci difende addormentandoci – dal buco, dal fuori senso ogni volta che qualcosa della faglia si svela… Il desiderio dell’analista, come si può cogliere nell’articolo intitolato “Sul desiderio dell’analista nella passe”, non è un desiderio puro in quanto è “un desiderio contaminato dal sintomo privato, e anche dal suo fantasma” (p. 39) di cui, però, l’analista è avvertito in quanto, dopo essere passato attraverso il “vuoto dell’Altro”, può assumere il modo in cui tale desiderio si è incarnato nella sua persona. E questo si manifesta in primo luogo nella propria enunciazione…. Per cui ritorniamo all’impossibile della traduzione…

Per terminare vorrei segnalare l’articolo “Gli anni di apprendimento della psicoanalisi”, che è stato l’ultimo articolo scritto da Cottet… Invitato ad intervenire in apertura delle simultanee delle 47esime Giornate dell’Ecole de la Cause freudienne intitolate “Apprendere: desiderio o addestramento”, Cottet ha preparato il suo intervento ma, purtroppo, non ha potuto leggerlo in quanto è stato ricoverato la sera prima del 25 novembre 2017. Ha lavorato fino alla fine, ricevendo analizzanti in analisi e in controllo, e ci ha lasciato un testo che ci dice molto sul desiderio dell’analista: la formazione analitica, potremmo dire, è una “contro-educazione” continua perché “la prima (di educazione) è una scuola della rimozione” o, detto in altri termini, una scuola (sempre attiva) del non volerne sapere… Per andare oltre non bastano certo le disillusioni della vita, i disappunti rispetto agli ideali, lo scontro con le cose, …. come indica Cottet, per fare risuonare l’inconscio “ci vuole la mediazione dell’Altro nel transfert”, che apre lo spazio per le invenzioni del soggetto, sotto transfert, lo spazio cioè per qualcosa di nuovo e di vitale. Solo attraverso la mediazione dell’Altro del transfert si può passare dall’alfabeto senza vita nell’inconscio, che scrive sempre la stessa cosa, … all’alfabeto vivente nell’analisi.

E la mia decisione di tradurre questi articoli dipende proprio da questo, dal desiderio di far pervenire al pubblico italiano la voce di Cottet perché, come scrive Goethe citato prima da Lacan e poi da Cottet stesso, quando “ciò che è senza vita è vivente, può anche produrre la vita”.