Narcisismi e amore

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Il narcisismo, come il mito di Narciso ci insegna, è l’amore di sé, l’amore della propria immagine allo specchio: secondo il mito, infatti, Narciso, avendo rifiutato l’amore della ninfa Eco, per punizione, fu destinato a innamorarsi della propria immagine riflessa nello specchio fino a mutarsi nel fiore che porta il suo nome. In questo caso, potremmo dire che non consentire all’amore dell’altro ha come conseguenza la chiusura sul proprio godimento, che porta alla morte. D’altro canto, Freud ci spiega che anche l’amore, nel suo fondo, è narcisistico: un essere umano, infatti, può amare «quel che egli stesso è, quel che egli stesso era, quel che vorrebbe essere, la persona che fu una parte del proprio sé»[1]. In altri termini, si ama nell’altro il proprio ideale dell’io, facendo esistere l’Altro dell’amore, non senza una certa soddisfazione, in quanto «viene amato l’oggetto che possiede le prerogative che mancano all’Io per raggiungere il suo ideale»[2]. Questo oggetto si modella infatti sull’immagine speculare della forma del corpo proprio, che cattura (e imprigiona narcisisticamente) l’essere parlante perché, come dice Jacques-Alain Miller, manca di un’identità nel significante[3].

Molti anni dopo, Lacan, a partire dalla sua teoria della non esistenza del rapporto sessuale, mantiene comunque questo aspetto narcisistico dell’amore. Nel Seminario Ancora, attraverso l’esempio della cocorita di Picasso, Lacan sostiene infatti che il pappagallo mordicchia il colletto della sua camicia perché ama Picasso[4], perché ama il suo abito, ama in lui qualcosa che non sa, in altri termini si identifica con lui. In questo senso possiamo dire, con Miller, che l’amore è una forma di identificazione narcisistica che fa riferimento all’Uno, allo stesso e non tanto all’Altro, a cui tuttavia si crede in quanto con l’amore lo si fa esistere.

Ci sono casi in cui, però, il narcisismo impedisce o fa svanire l’amore, produce cioè, come avremo modo di sviluppare meglio nel prossimo Convegno della SLPcf, che si terrà a Rimini nel maggio del 2025, delle rotture amorose: il sogno d’amore si rompe, lo specchio va in frantumi, poiché l’amore, come i poeti spesso indicano, è un legame delicato che può essere facilmente intaccato… E il narcisismo contemporaneo, amplificato dal predominio delle immagini e dei social, vale a dire dall’oggetto sguardo sempre più totalitario, può mettere a rischio l’amore. Esso, infatti, fa emergere un altro aspetto del narcisismo, cioè l’aggressività insita in quella che Lacan, nel suo testo L’aggressività in psicoanalisi, considera la «tendenza correlativa a un modo di identificazione che chiamiamo narcisistico»[5], ovvero l’attacco all’altro in quanto parte di sé. É semplicemente l’altra faccia della medaglia, quella che la psicoanalisi permette di portare alla luce.

Nel film di Mike Nichols Closer, del 2004, vediamo bene come si intreccino questi due tipi di narcisismo: l’amore nasce dallo sguardo tra due stranieri, Ashley e Dan, che non si conoscono ma che si incontrano in un punto di non sapere che vela l’oggetto piccolo a: Ashley, dopo un primo timido scambio di sguardi, viene investita da un’auto, perde i sensi e, quando si risveglia, chiede a lui “quanto tempo sono stata assente?”. Lui per lei è “lo straniero” ma entrambi hanno in sé qualcosa dell’altro che ignorano. Così comincia l’amore ed è una nuova vita per entrambi: il (nome) nuovo dell’amore! Anni dopo, però, la storia cambia. Entrano in scena due nuovi personaggi, Anna, una fotografa di successo e Larry, un dermatologo che, con il suo sguardo scientifico individua ed elimina tutto quello che “fa macchia” sulla pelle. Con il loro ingresso – che funge da vero e proprio “attante” in quanto causa l’azione – entra in gioco la competizione fallica che provoca il tradimento e lo scambio di coppia. In questo modo l’oggetto sguardo acquista sempre più spazio, manifestandosi nella concretezza dell’apparecchio fotografico, delle chat scambiate su internet, delle scene di voyeurismo nel locale di strip-tease in cui Alice lavora e, da ultimo, nella spinta mortifera a sapere tutto dell’altro. Al posto del coup de foudre, con il suo spazio vuoto che vela l’oggetto, entra in scena la tirannia dello sguardo assoluto che, come un ingranaggio infernale, a poco a poco distrugge lo spazio dell’alterità necessario all’amore. Questo, forse, è uno degli effetti maggiori che il mondo delle immagini produce, un mondo che annulla lo spazio dell’intimo e, al tempo stesso, nega l’inconscio.

 

[1] S. Freud, Introduzione al narcisismo, in Opere, vol. 7, Bollati Boringhieri, Torino, 1998, p. 460.
[2] Ivi, p. 471.
[3] Cfr. J.-A. Miller, Silet, in La Psicoanalisi, 23, p. 150.
[4] J. Lacan, Il Seminario, Libro XX, Ancora [1972-1973], Einaudi, Torino, 2011, p. 7.
[5] J. Lacan, L’aggressività in psicoanalisi, in Scritti, Einaudi, Torino, 2002, p. 104.