La pulsione nell’ultimo insegnamento di Lacan

Dal dicembre 2012 ad oggi, mi occupo, in qualità di docente incaricata, del Laboratorio sui concetti base della psicoanalisi lacaniana – teoria e clinica – destinato agli allievi del IV anno dell'Istituto Freudiano, sede di Milano

La pulsione nell’ultimo insegnamento di Lacan 

Nel Seminario XXIII, dedicato al Sinthome, Lacan ci dà una definizione nuova, (sempre nuova, anzi antica, come direbbe Pascoli) rispetto a quanto ha detto ed elaborato sino ad allora, sul tema della pulsione. All’inizio del Seminario Lacan dice infatti che “le pulsioni sono l’eco nel corpo del fatto che vi è un dire” (Sem. XXIII, édit. fran., p. 17). Cosa vuol dire? Non è facile…. anche perché, nel seguito del Seminario, Lacan non parla più della pulsione mentre si dilunga piuttosto sul nodo e su Joyce, il sinthomo, in quanto nodo particolare. Ma è questa frase che vorrei cercare di capire, con questo lavoro di elaborazione, sottoponendolo al vostro ascolto. Anzitutto, Lacan dice “le pulsioni”, al plurale, e non la pulsione, quindi nel novembre del 1975 egli sostiene ancora il fatto – sostenuto da sempre – che le pulsioni siano al plurale, che siano cioè sempre pulsioni parziali. Parziali rispetto al godimento pieno, quello, come dice Lacan nel Seminario XX, “celle qu’il faudrait”, quello ci vorrebbe…se esistesse il rapporto sessuale. Sono parziali anche perché legate, o meglio agganciate, su una parte del corpo che funziona da bordo. Ma in che senso sono “l’eco nel corpo” e che cos’è questo “un dire”? Per capirlo è necessario partire dalla concezione classica delle pulsioni che Lacan ha elaborato prima degli anni settanta.     

Il collage della pulsione

Sappiamo che nel Seminario XI, dedicato ai quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Lacan lavora a lungo sul concetto di “pulsione”, a partire dai testi freudiani. Anzitutto, quindi, egli include la pulsione nei “concetti fondamentali”, facendone un “concetto”, fondamentale nella psicoanalisi… Come indica Serge Cottet in un recente articolo pubblicato ne La Cause du désir n. 8, i concetti “ strutturano, delimitano e giustificano un campo di applicazione”. Il concetto di pulsione, quindi, struttura, delimita e giustifica l’ambito – quello della pulsione – in cui la psicoanalisi si applica. Dal punto di vista più fenomenologico, nel Seminario XI, Lacan sottolinea invece l’aspetto “poco naturale” (il naturale sarebbe più dell’ordine dell’istinto) delle pulsioni, e ci propone l’immagine dei “collages surrealisti”, in cui vengono associati elementi assolutamente eterogenei fra loro e che si danno, al pubblico, come oggetti non-tutti. Il collage surrealista, di cui l’esempio princeps è il “cadavere squisito”, è composto con una tecnica basata sulla casualità e sulla coralità, che prevede la collaborazione di più artisti: uno di essi comincia l'operazione tracciando un disegno, una figura, che deve essere ignorata dagli altri, poi il foglio deve essere passato a tutti i partecipanti, uno per uno, i quali a loro volta faranno una figura, e così via. Questa tecnica era utilizzata dai surrealisti anche in ambito poetico, ovvero aggiungendo uno per uno una parola, ignorando lo scopo finale dei singoli. Il nome della tecnica deriva inoltre da una poesia surrealista: "Il cadavere squisito berrà il vino nuovo". Quindi, il collage surrealista realizza un oggetto non unitario, che produce spaesamento in chi lo vede e che fa buco, in un certo qual modo, nella a-scena. Ed è questa l’immagine che Freud e Lacan ci danno della pulsione.   

In varie occasioni Lacan sottolinea che i quattro elementi che Freud distingue nelle pulsioni – fonte, spinta, oggetto e fine – sono eterocliti ed eterogenei al massimo… non hanno nulla in comune fra loro. Questa loro eterogeneità e il carattere, da un lato, artificioso e, dall’altro, non unitario fa sì che egli si scagli, come spesso gli è accaduto, contro una brutta traduzione, quella del termine “Trieb”. In un’intervista rilasciata nel 1966 (pubblicata in Conversaciones con Lévi-Strauss, Foucault y Lacan, à Milano, U. Murcia & C, 1969 et à Barcelona, Ed. Anagrana, 1969), Lacan dice: “si comprende ora quanto sia grave aver tradotto il termine tedesco Trieb con “istinto”: Trieb non ha mai significato istinto. Non può servire da pretesto dire che nella lingua francese non esistono altri termini per tradurlo, salvo il dissonante “pulsione”. Hanno trovato di meglio in inglese, con drive, e in italiano (…) impulso è meglio che pulsione.” Quindi, per Lacan, la miglior traduzione italiana del termine Trieb è impulso…. non pulsione. In effetti, nel vocabolario tedesco che ho consultato al termine Trieb sono associati i seguenti significati: impulso, tendenza,  movimento – naturlicher Trieb viene tradotto con istinto naturale….che per Lacan, però, non esiste, a livello dei parlesseri. Nel vocabolario si trovano anche due espressioni che, a mio avviso, ci possono illuminare su come tradurre al meglio il termine Trieb. Da un lato, la Triebkraft, che viene tradotta come forza motrice, e dall’altro das Triebwerk, che è il meccanismo, l’ingranaggio… Quindi Der Trieb (in tedesco al maschile) sta ad indicare un impulso che prende origine da una zona di bordo sul/del corpo, che si mette in moto come un ingranaggio, e che continua in modo automatico… Come dice Lacan nel Seminario XI, la pulsione cerca la sua soddisfazione e la trova facendo un tragitto attorno a un oggetto sempre mancante. 

Qualche anno dopo, Lacan associa il termine pulsione anche alla figura (lui dice “imagination”) del buco, che, per Lacan, ha una funzione precisamente pulsionale: “C’è bisogno di evocare la sua funzione ‘pulsionale’ o, per meglio dire, quello che ne deriva (Trieb)?”. Il Trieb è quell’impulso/tendenza che si produce nel buco, da intendersi come bordo e come vuoto. Forse è anche in questo senso che possiamo intendere “l’eco nel corpo del fatto che c’è un dire” del Seminario XXIII… In effetti, che cos’è l’eco? Su Wikipedia, ho trovato questa definizione: “In fisica e acustica l’eco (f.) è un fenomeno prodotto dalla riflessione di onde sonore contro un ostacolo che vengono a loro volta nuovamente "percepite" dall’emettitore più o meno immutate e con un certo ritardo rispetto al suono diretto. Tale ritardo non dev’essere inferiore ad 1/10 di secondo. Al di sotto di tale valore non si può più parlare di eco, ma di riverbero. Un tipico esempio di riverbero è quello prodotto in una stanza dalla riflessione di onde sonore sulle pareti perimetrali”. Interessante! E da tenere a mente, se pensiamo che Lacan utilizza proprio il termine “eco” per definire la pulsione.  

La pulsione e il bagno di significante 

Nello scritto “Posizione dell’inconscio”, del 1966, Lacan segnala che la pulsione si origina al livello in cui “l’effetto di linguaggio, è la causa introdotta nel soggetto” (PI, p. 835). La pulsione è legata alla “primordiale pulsazione temporale che è il fading che costituisce la sua identificazione” (p. 835), del soggetto, vale a dire alla pulsazione che si produce a livello dell’ S/, nel suo momento di fading, quando il soggetto svanisce, per così dire, sotto il peso del significante. Qualche anno dopo, nel 1972, in una conferenza dedicata al discorso psicoanalitico, Lacan riprende il tema delle pulsioni e lo mette ancora una volta in relazione con gli effetti di linguaggio – da notare, però, che nel 1972, gli effetti sono pluralizzati, rispetto a quanto espresso in “Posizione dell’inconscio”.

“L’oggetto piccolo a”, dice Lacan, “è il vero supporto di tutto quello che abbiamo visto funzionare, e che funziona in modo sempre più puro, per specificare ciascuno nel suo desiderio. Ciò di cui l’esperienza analitica dà il catalogo sotto il termine di pulsione […] pulsione che si chiama orale […] un bellissimo oggetto legato a questo […] da quando ha preso l’abitudine di succhiare […]. Ce ne sono… che succhiano così tutta la vita. Ma perché succhierebbero tutta la vita se non fosse nell’interstizio, nell’intervallo degli effetti di linguaggio? l’effetto di linguaggio in quanto è appreso al contempo, salvo per chi rimane completamente idiota, nevvero?”.
J.Lacan

In questa frase complessa, Lacan ci dice innanzitutto che il linguaggio è la specificità dell’essere parlante, viene imparato da tutti – salvo alcune eccezioni – è un universale che si incarna, però, nel particolare, nel corpo di ogni parlessere, attraverso l’oggetto che si colloca “nell’interstizio, nell’intervallo”, in quello che funziona da buco…. Come diceva già nel Seminario XI, l’oggetto a, oggetto non rappresentabile, è un vuoto che può essere occupato da qualsiasi oggetto, ovvero da quelle che, nella sua “Nota agli italiani”, Lacan chiamerà le “sostanze episodiche” dell’oggetto a.  

Nello scritto “Posizione dell’inconscio”, Lacan ci presenta, inoltre, per la prima volta, la libido come una sorta di omelette (il mito della lamella), ovvero una “superficie” che ricopre il corpo e che “si appoggia su un bordo chiuso che è la zona erogena” (p. 847). Questo per Lacan è il luogo in cui si origina la pulsione, un bordo chiuso e, dice ancora Lacan, “quello che colpisce è la forma di taglio anatomico (…) in cui si decide la funzione di alcuni oggetti” (p. 847). La pulsione, cioè, si aggancia su zone del corpo contraddistinte dal taglio anatomico ed è il taglio anatomico che decide di alcuni oggetti… pulsionali. La pulsione, inoltre, dice sempre Lacan, descrive sul bordo “l’evaginazione andata e ritorno di un organo” (p. 847). Addirittura Lacan, in una nota, fa riferimento a un concetto matematico – quello del flusso rotazionale – che serve a spiegare “un flusso ‘attraverso’ un circuito ad orifizio”. In fisica, c’è una formula che spiega questo flusso: l’energia rotazionale è una forma di energia cinetica associata al moto di rotazione di un corpo rigido. Nel caso di un corpo rigido a simmetria assiale e che ruoti attorno all’asse di simmetria, l’energia rotazionale risulta proporzionale al prodotto del momento di inerziaI del corpo per il quadrato della sua velocità angolare ω!! Quindi il flusso o energia rotazionale dipende dall’inerzia del corpo (come massa) e dalla velocità… 

Molti anni dopo, nel 1975, Lacan parla ancora di questo flusso rotazionale, sempre a proposito della pulsione: 

“il reale è quello che nella pulsione io riduco alla funzione del buco. Vale a dire quello che fa sì che la pulsione sia legata agli orifizi corporei. Penso che qui tutti siano in grado di ricordarsi che Freud caratterizza la pulsione attraverso la funzione dell’orifizio del corpo. Parte da una sorta d’idea, dalla costanza di quello che passa attraverso tale orifizio. Tale costanza è sicuramente un elemento di reale. Ho persino tentato di raffigurarla con qualcosa di matematico, che in matematica si definisce con quella che si chiama una costante rotazionale, il che è ben fatto per significarci che qui si tratta di quello che si specifica del bordo del buco”.
J.Lacan

Quindi, possiamo pensare che ogni parte del corpo che si ritaglia, grazie a un bordo, come buco può diventare sede del movimento circolatorio/rotazionale della pulsione….

La deriva della pulsione 

La pulsione, dunque, è un flusso che si produce a partire da un bordo e, in quanto “rappresenta la sessualità nell’inconscio” (di cui non si può scrivere il rapporto) dice ancora Lacan in Posizione dell’inconscio, “è sempre pulsione parziale” (p. 849). Nel febbraio del 1973, durante una conferenza tenuta al Museo della Scienza e della Tecnica, Lacan ci spiega meglio in che senso intendere l’aggettivo “parziale”.

“Cosa vuol dire il termine «pulsioni parziali»? – dice Lacan – Non è un istinto, non è mai un istinto, come l’hanno tradotto. Non è neppure quella che si chiama, a maggior o a minor buon titolo, qualcosa che sia dell’ordine della tendenza. È una deriva: Trieb. Questo vuol dire almeno questo: che per un certo numero di godimenti – quello di mangiare (bouffer), di cagare, di vedere o di ciarlare – questo, per l’appunto ! – ne ho detti quattro, nevvero ! contateli, non serve ripetere – è derivato, è « infléchi » (ovvero piegato, inflesso, ma anche indirizzato), è preso come sostituto, per dirla tutta, a un altro godimento, che per l’appunto è il godimento sessuale. Se c’è una scoperta, un passo-chiave in quello che ha apportato Freud, è proprio questo. 

Si deve aggiungere questo – poichè ve ne ho appena date quattro, di queste pulsioni parziali – si deve aggiungere questo, che ce n’è un’altra, che avviene alle frontiere di quello per cui il godimento è qualcosa che concerne il corpo e i suoi confini. Si chiama il dolore. Godere di un corpo in quanto tale, è qualcosa che è, così sembra, la proprietà dell’essere parlante …. Gode (il jouit)… diciamo : gioca (il joue). Tutto il suo godimento ne è letteralmente comandato. 

Questo essere, questo essere parlante è in quanto vi è questa cosa che solo il linguaggio permette e che si chiama la domanda, con tutta l’ambiguità che ne deriva/risulta quanto a quello che ho anche ritenuto di poterne distinguere, rispetto al desiderio. »

In effetti, nello scritto « Sovversione del soggetto », di molti anni precedente, Lacan scriveva il matema della pulsione S/(barrato)D, e la metteva in relazione con la Domanda, che è sempre dell’Altro (da intedersi come genitivo oggettivo e genitivo soggettivo). La pulsione, quindi, dipende dalla Domanda, la include in sè….in un qualche modo. Nella frase che ho letto all’inizio «la pulsione è l’eco nel corpo del fatto che c’è un dire », Lacan, però, sostituisce al termine Domanda il verbo dire, utilizzato come un sostantivo, un dire. Possiamo sostenere, che, nel 1973, « un dire » sia la Domanda per così dire spuria dell’immaginario e anche del simbolico, ne sia la sua forma reale…. più sostanziale. Così come al soggetto barrato sostituisce, a partire da quanto elaborato nel Seminario XX, il corpo del parlessere. Per capire meglio questo «un dire», bisogna fare riferimento a un testo molto difficile di Lacan, ovvero a «L’Etourdit”, che comincia per l’appunto con la congiunzione/disgiunzione fra detto e dire: “che si dica resta dimenticato dietro quello che di dice (il detto) in quello che si intende (entend)” (AE, p. 449). Ế la questione dell’enunciazione, che si differenzia dall’enunciato, in quanto essa vi ex-siste. Come indica più avanti nel testo, “il detto non va senza dire. Ma se il detto si pone sempre come verità, foss’anche a non superare un detto-a-metà (..), il dire vi si accoppia (??) in quanto vi ex-siste, cioè in quanto non è della dit-mensione della verità” (p. 452). Un dire, sempre particolare, quindi, è ciò che ex-siste a un qualsiasi detto, non appartiene alla dimensione del senso/verità, ed è ciò che produce l’eco nel corpo… da cui ciò che ne deriva, ovvero la pulsione. A differenza dei detti – gli enunciati – l’enunciazione è veicolata dal discorso – come legame sociale in cui un parlessere si colloca e a partire dal quale esso parla – ed è in rapporto con la causa stessa dei detti. Interessarsi all’enunciazione è fondamentale per chi pratica la psicoanalisi (linguistique vs linguistérie) perché prima di fare/dare un’interpretazione dobbiamo aver colto qualcosa della posizione che il soggetto occupa in relazione al suo Altro.   

Il corpo in cui si produce l’eco di un dire è il corpo così come Lacan è andato via via elaborando nel corso del suo Seminario XX. Ế il corpo del parlessere, un corpo che “si gode”. Il parlessere, nei termini di Lacan, viene a sostituire il soggetto (del significante) e vi include il corpo, in cui inconscio e pulsione sono insieme, quasi sintoni, se pensiamo al concetto di inconscio simile a un bordo pulsionale, che si apre e che si chiude. A questo punto anche lo statuto del significante cambia; in questo Seminario Lacan sostiene che “il significante è causa di godimento” e in questo modo modifica il rapporto con il significato. Oltre al corpo che si gode, anche il linguaggio è un apparecchio di godimento. Il godimento quindi è ovunque. E il significante, dice Lacan a pagina 26 del Seminario “si colloca a livello della sostanza godente”. In effetti, il significante ritaglia la zona erogena sul corpo e, al contempo, ritaglia sul corpo dell’altro l’oggetto, la parte erogena. Sempre nel Seminario XX, Lacan sostiene che il significante causa il godimento e, al contempo, lo arresta; da un lato, esso incarna il “vocativo del comando” superegoico (Godi!), dall’altro dice stop al godimento (cfr. p. 27). A differenza delle piante o degli animali, i corpi dei parlesseri sono infatti animati dal significante….dall’eco del dire che produce un godimento.