I luoghi del femminile

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Pubblicato in Attualità lacaniana, luglio-dicembre 2021, pp. 69-75.

La donna non esiste non significa che il luogo della donna non esiste, ma che questo luogo resta essenzialmente vuoto. Che questo luogo resti vuoto non esclude che vi si possa incontrare qualcosa[1].

 

Per affrontare la questione delle transizioni in relazione al tema del prossimo Congresso dell’amp[2], La donna non esiste, partirei da un testo collettaneo, pubblicato nel 2017 a cura di Nicla Vassallo, intitolato La donna non esiste. E l’uomo? Sesso, genere e identità.

Il titolo mi è sembrato da subito interessante e centrato rispetto ai temi che ci interessano, oltre al fatto che i nomi degli autori sono tutti di alto livello nel parterre universitario italiano (biologi, medici, bioetici, filosofi…). Nicla Vassallo, professoressa ordinaria di Filosofia teoretica presso l’Università di Genova e associata dell’isem-cnr, scrive nella sua introduzione l’obiettivo del suo lavoro, ovvero: «lo sguardo non sarà gettato solo sul genere, ma su sesso e genere […] sguardo comunque innovativo poiché palesemente e volutamente multidisciplinare»[3]. Per questo suo percorso di ricerca, ha quindi chiesto il contributo di autori quali Ulrich Pfeffer, Adriana Albini, Maurizio Mori, Eva Cantarella, Vera Tripodi e Claudia Bianchi. Per trattare i temi di sesso, genere e identità senza cadere negli stereotipi dominanti, Nicla Vassallo scrive da subito che «parecchie sono le discipline scientifiche presenti, perlomeno tutte le prioritarie manca la psicoanalisi a causa del suo ambiguo statuto scientifico […] per concedere a ogni essere umano la propria singolarità e individualità, priva di “scatolarità”»[4]. Ah! Cominciamo bene… Nicla Vassallo, per affrontare le questioni di sesso, genere e identità, non prende in conto la psicoanalisi perché non chiaramente (o, diremmo noi, non totalmente) scientifica ma utilizza, nel titolo del libro e nel capitolo che scrive a conclusione dello stesso, l’affermazione che Jacques Lacan ha fatto per la prima volta all’università di Milano nel 1972[5] e che ormai molti sanno che è sua, che è la frase-scandalo di Lacan, senza mai citarlo! Per concedere a ogni essere umano la propria singolarità, forse sarebbe bene in primo luogo riconoscere la sua parola.

A ogni modo, in effetti, la psicoanalisi, pur avendo avuto origine a partire dal discorso della scienza, non fa parte della scienza, vi fa obiezione, precisamente perché si occupa di quello che la scienza e le scienze umanistiche non possono misurare, calcolare, valutare, vale a dire del godimento, punto opaco dell’essere parlante che, nel suo ultimo insegnamento, Lacan accosta al godimento femminile, il “continente nero” di cui ha scritto Freud. D’altro canto, il contributo del biologo presente nel testo indica molto chiaramente che, tra uomo e donna, «La biologia non aiuta», in quanto quello che emerge è piuttosto la complessità, il fatto che è «difficile distinguere ciò che è biologicamente determinato da ciò che non lo è»[6] e che «la biologia umana lascia quindi spazio all’ambiguità»[7]. E anche Vera Tripodi, nel suo contributo, scrive degli «errori scientifici comunicativi»[8], che rivestono vecchi stereotipi sessisti con la credibilità scientifica o, diremmo noi, pseudoscientifica.

Nel suo articolo a conclusione del libro, Nicla Vassallo tenta di sviluppare l’affermazione di Lacan, «La donna non esiste»[9] ma, a nostro avviso, quello che riesce a fare è semplicemente la distinzione fra l’universale de La donna — ideale o unica che sia — e il particolare di ogni donna, una per una. Apparentemente sembrerebbe in linea con l’elaborazione psicoanalitica, ma in realtà non lo è: ovviamente l’universale di un significante, di un concetto, si colloca nel mondo dei significanti, ma nulla dice del singolare dell’essere parlante, sia esso uomo o donna, bambino o bambina…, ma neppure degli animali o di ogni oggetto della realtà. Il simbolo universale non è la cosa. Il simbolo si trova nel simbolico, nelle sue elaborazioni, nei libri e ora anche su internet, e poco ha a che vedere con il particolare della cosa/essere parlante nella sua unicità reale. È il limite del linguaggio che, tra le righe, Nicla Vassallo considera piuttosto come una metastruttura che determina ingiustizie e preconcetti sessisti, in altri termini una forma di dominio d’ordine patriarcale che dipende dal fatto che le «donne vivono in società androcentriche»[10]. Un po’ limitata come lettura, in tutti i sensi del termine. Di fatto, l’affermazione di Lacan «La donna non esiste» sta a indicare ben altro, e di un’altra complessità, che diventa per noi (e forse anche per altri) strumento di lettura per la clinica e per la nostra contemporaneità. Cercherò, quindi, di scriverne qualcosa, attorno al luogo vuoto del femminile, che sicuramente è non-tutto.

 

Il luogo vuoto dell’infinito: S(Ⱥ)

In primo luogo, «La donna non esiste» significa che non esiste un significante universale che vale per tutte le donne e, proprio per questo, neppure un’essenza de La donna; le donne, in questo senso, non costituiscono un insieme chiuso o, in termini matematici, un insieme finito. L’insieme chiuso, perché sia tale, implica infatti l’esistenza «di almeno un oggetto che non gli appartiene» e, nella lettura che ne dà Lacan, esso si regge a partire dal significante escluso, dall’eccezione (paterna) che costituisce l’insieme di tutti gli uomini sullo sfondo della castrazione. Tutti gli uomini costituiscono un insieme chiuso in quanto sono tutti soggetti alla castrazione, vale a dire a un godimento limitato, numerabile, a eccezione del padre mitico, se esistesse.

Come chiarisce Jacques-Alain Miller, la donna si colloca invece rispetto ad altro, rispetto cioè all’alterità, che non è il limite dell’universale maschile costituito dalla funzione paterna. L’insieme delle donne, quindi, è un insieme aperto, potremmo dire un insieme infinito, in cui i significanti (identificatori) non formano un tutto completo ma, piuttosto, aprono all’infinito, e quindi al passaggio metonimico (o asintotico) da un significante all’altro, da un sembiante all’altro, sempre in direzione di Altra cosa. Questo perché, come indica Lacan nel Seminario XX, «è solo in modo improprio che la si chiama la donna, perché […] il la di la donna, dal momento in cui si enuncia come un non-tutto, non può iscriversi. Qui non c’è che il la barrato»[11]. La barra, segno della non esistenza, si colloca quindi sul la, cioè sull’articolo determinativo che, in grammatica, serve a identificare un essere o un oggetto individuato, e non sul significante in quanto tale. Barrando il la, Lacan sottolinea il fatto che il significante donna è non-tutto, non è tutto cioè significante, non tutto soggetto ai limiti del simbolico. Il significante della donna, infatti, ha rapporto con l’alterità, la include in un certo senso, in quanto una donna ha rapporto «con il significante di questo Altro, in quanto, come Altro, esso non può che restare sempre Altro»[12], radicalmente Altro in quanto Altro barrato. Di questa alterità, però, non è detto che ne sappia qualcosa. La questione, infatti, è che è l’Altro che non sa o, come afferma Lacan nel seminario Ancora, «È l’Altro a fare il non-tutto, precisamente perché è la parte che-non-sa-proprio-niente in questo non-tutto»[13]. Si tratta, infatti, e qui lo capiamo meglio, dell’Altro barrato, del buco nel e dell’Altro che non sa di sapere ma che può produrre lettere, effetti di scrittura. La donna non esiste in quanto una donna ha rapporto con il buco nell’Altro, con la sua mancanza, il che ha effetti importanti nella clinica e ancor prima nella realtà dei legami sociali: il luogo vuoto nell’Altro la rende infatti più prossima all’atto e più libera. Ed è da questo stesso luogo che può sorgere la parola poetica, dal luogo dell’inconsistenza dell’Altro, dal suo vuoto, che permette l’emergere della parola più singolare, vale a dire della parola unica in quanto dell’una per una.

 

Il luogo vuoto delle variazioni: “La donna è mobile”

L’inesistenza della donna come universale ci obbliga, quindi, a considerarla sempre nel singolare di ogni donna, una per una, ognuna diversa e non misurabile a partire da un’altra. In questo senso, l’insieme infinito al femminile, che apre alla serie, è il luogo stesso delle transizioni, vale a dire dei passaggi, da un significante all’altro, da un’immagine all’altra… e che punta sempre verso Altra cosa. Come indica Miquel Bassols, nel suo testo dedicato al femminile, «non c’è metafora della donna, solo metonimia infinita nel non-contabile del godimento che non si fa catturare dal simbolo fallico»[14]. Il luogo vuoto in cui si collocano fa sì che le donne siano sempre fuori misura, smisurate e quindi variabili per eccellenza. Questo significa anche che le donne, in genere, hanno un rapporto molto più libero con i sembianti: da sempre criticate per il loro essere volubile, non incasellabile, imprevedibile, in realtà sono più libere perché, a differenza degli uomini, non hanno nulla da perdere o comunque molto meno.

Il luogo vuoto della donna è quindi il luogo da cui e in cui nascono le innovazioni: sono le donne che hanno creato la moda, non tanto e non solo come autrici, ma in quanto per prime hanno (a)portato del nuovo: i primi pantaloni — quando la gonna lunga era per la donna il diktat dell’epoca — la minigonna quando si sono, per così dire (questo era lo slogan dell’epoca) riappropriate dei propri corpi, i corpi semi-nudi delle femen[15] Le novità che si iscrivono nelle profondità del gusto di un’epoca vengono dal femminile in quanto il nuovo è possibile proprio perché c’è uno spazio vuoto. Inoltre, se, a livello del significante, il partner della donna è l’Altro barrato, vale a dire l’Altro inconsistente, inevitabilmente il suo rapporto con i sembianti può essere contraddistinto da una maggiore libertà. In questo, la logica femminile del non-tutto corrisponde alla logica del mondo contemporaneo, dell’epoca che Lacan ha definito come quella dell’evaporazione del padre e della pluralizzazione dei nomi del padre. Qualsiasi significante, infatti, può venire a fare funzione di nome del padre strutturando il mondo, qualsiasi struttura familiare o di gruppo può costituire un tutto che tiene e che dà senso alle cose. Francesca Biagi-Chai ne parla, riprendendo un’affermazione di Lacan, in termini di trascendenza al di là di sé: «trascendenza che ha portato dal matrimonio cosiddetto di convenienza al matrimonio per amore fino al matrimonio per tutti»[16].

In questo senso, Miller arriva persino a parlare, nel suo corso Cose di finezza di psicoanalisi, di una «forclusione del significante de “La donna” […] che giustifica la proposizione di Lacan: “Tutti sono folli, ovvero deliranti”»[17], nel senso che, rispetto alla donna e al rapporto sessuale, proprio perché entrambi non esistono, ognuno ha la propria costruzione, il proprio delirio individuale. È il mondo delle variazioni per eccellenza: ognuno il proprio mondo e la propria costruzione.

 

Il luogo vuoto del godimento

Proprio perché la donna si colloca nel luogo vuoto dell’Altro inconsistente, ha rapporto con esso e non solo con il significante fallico, il suo godimento è illimitato, non limitato cioè dal significante fallico che è misurabile, dà senso e dà un limite. Come indica Lacan nel seminario Ancora, «Quando dico che la donna è non-tutta, e che per questo non posso dire la donna, è precisamente perché metto in discussione un godimento che, a confronto di tutto ciò che si serve nella funzione di Φx, è dell’ordine dell’infinito»[18]. Si tratta di un godimento supplementare, un godimento del corpo che eccede il godimento fallico e che, proprio per questo, è indicibile, non misurabile e non limitabile, quindi senza forma. Ancora una volta si tratta del fatto che non-tutto della donna è incluso e limitato dalla castrazione. La donna ha rapporto con la norma fallica ma solo in modo contingente, accidentale, non necessario.

Per cogliere meglio di che si tratta in questo Altro godimento forse è utile ritornare al seminario che precede Ancora, in cui Lacan propone il termine di godiassenza, citando un verso del poeta Henri Michaux egli sostiene infatti che la donna si colloca «fra centro e assenza»[19]. Non è tutta nel godimento fallico (il centro, il limite, il senso) e, proprio per questo, si colloca nell’assenza, «ciò che le permette di lasciare ciò per cui non partecipa della funzione fallica nell’assenza che è nondimeno godimento, essendo godiassenza»[20]. La godiassenza è il neologismo creato da Lacan per dare un nome al luogo vuoto del godimento femminile, senza limite. Come ha sviluppato Marie-Hélène Brousse nel suo recente testo, Modo di godere al femminile[21], la godiassenza si manifesta nelle varie modalità in cui una donna gode rendendosi assente, cancellandosi e ciò può avvenire a livello dell’immagine, a livello del nome e a livello dell’Uno[22]. Nel seminario Ancora, Lacan fornisce altri esempi del godimento Altro che definisce la posizione femminile, in primis il godimento del/della mistico/a che gode nell’unione infinita con Dio ma di cui non sa e non può dire nulla. Anche nella relazione d’amore, il godimento femminile, in quanto illimitato, può manifestarsi in una modalità erotomaniaca, che spesso contraddistingue il modo amoroso al femminile.

Il carattere al di là della norma fallica, fuori limite e fuori misura, del godimento femminile giustifica, quindi, la lettura che ne ha fatto di recente Miller, secondo cui «il godimento femminile è un puro evento di corpo che non si piega al regime dell’Aufhebung. La donna fa obiezione a Hegel poiché si nega al giochino della dialettica»[23]. Il godimento femminile corrisponde al godimento tout court, quello che Lacan nomina anche come sinthomo e che sfugge alla legge simbolica, binaria, in altri termini al mondo del tutto.

 

[1]J.-A. Miller, Dei sembianti nella relazione tra i sessi, “La Psicoanalisi”, 45, p. 13.

[2] Grande Conversazione Virtuale Internazionale che si terrà dal 31 marzo al 3 aprile 2022.

[3]N. Vassallo (a cura di), La donna non esiste. E l’uomo? Sesso, genere e identità, Torino, Codice edizioni, 2017, p. 10.

[4]Ivi, p. 10.

[5]Di fatto, la frase di Lacan non sembra essere presente nei testi (in francese e in italiano) delle conferenze tenute a Milano nel 1972. Eppure, Lacan, nel Seminario XX, dice che, dopo la sua conferenza intitolata La psicoanalisi nel suo riferimento al rapporto sessuale, il pubblico presente ha capito così bene (sic!) quello che stava dicendo che, la sera stessa, «nel giornale, era scritto – Per il dottor Lacan le signore, le donne, non esistono!», cfr. J. Lacan, Il Seminario, Libro XX, Ancora [1972-1973], a cura di A. Di Ciaccia, Torino, Einaudi, 2011, pp. 54-55. Cfr. J. Lacan, La psicoanalisi nella sua referenza al rapporto sessuale in Lacan in Italia. Lacan en Italie [1953-1978], Milano, La Salamandra, 1978, pp. 64-73.

[6]N. Vassallo (a cura di), La donna non esiste. E l’uomo? Sesso, genere e identità, cit., p. 25.

[7]Ivi, p. 28.

[8]Ivi, p. 73.

[9]Ivi, pp. 107-122.

[10]Ivi, p. 122.

[11]J. Lacan, Il Seminario, Libro XX, Ancora [1972-1973] cit., p. 75.

[12]Ibidem.

[13]Ivi, p. 93.

[14]M. Bassols, Lo feminino, entre centro y ausencia, Buenos Aires, Grama Ediciones, 2017, p. 39.

[15]femen è un movimento femminista di protesta ucraino fondato a Kiev nel 2008 da Oksana Šačko, Hanna Hucol e Inna Shevchenko. Il movimento è divenuto famoso, su scala internazionale, per la pratica di manifestare mostrando i seni contro il turismo sessuale, il sessismo e altre discriminazioni sociali.

[16]Cfr. F. Biagi-Chai, L’istanza sociale della donna, https://www.grandesassisesamp2022.com/it/linstance-sociale-de-la-femme-2

[17]J.-A. Miller, Cose di finezza in psicoanalisi, La Psicoanalisi, 58, p. 177.

[18]J. Lacan, Il Seminario, Libro XX, Ancora [1972-1973] cit., p. 97.

[19]Id., Il Seminario, Libro XIX, …o peggio [1971-1972], a cura di A. Di Ciaccia, Torino, Einaudi, 2020, p. 117.

[20] Ibidem.

[21]Cfr. M.-H. Brousse, Modo di godere al femminile, Torino, Rosenberg & Sellier, 2021.

[22]Cfr M.-H. Brousse, Un affare di scomparsa: L se l’è filata, https://www.grandesassisesamp2022.com/it/une-affaire-de-disparition-l-sest-barre-3/

[23]J.-A. Miller, A. Di Ciaccia, L’Uno-tutto-solo [2011], Roma, Astrolabio, 2018, p. 73.