Accondiscendere... sì, ma a cosa?

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Nel suo Seminario sull’angoscia, Lacan afferma che l’amore “permette al godimento di accondiscendere al desiderio”[1], permette cioè al godimento dell’Uno di andare verso l’Altro del desiderio. Potremmo dire che l’amore consente di perdere qualcosa del godimento autoerotico in cambio di un’altra forma di soddisfazione, vale a dire di un legame con l’altro che passa attraverso quelli che Lacan chiamerà, nel Seminario Ancora, i “percorsi di un riconoscimento. Questo riconoscimento non è altro che il modo in cui il cosiddetto rapporto sessuale […] cessa di non scriversi”.[2]

Come si realizza questo consenso, questo assenso che implica una cessione di godimento e, quindi, una forma di sublimazione? È ancora possibile oggi, quando l’imperativo che fa legge ovunque è sempre più dell’ordine del “Godi!” mentre la perdita e la rottura sembrano impossibili da accettare? Nel pluripremiato film Anora, una sorta di Pretty Woman dei nostri tempi, si vede bene come sono cambiati i legami sociali e come si manifesti oggi l’aforisma lacaniano “non c’è rapporto sessuale”[3]. Da un lato, abbiamo un effluvio di godimenti dell’Uno fuori misura – sesso, droghe, alcool, soldi, videogiochi – a cui i protagonisti acconsentono senza quasi mai pronunciare parola, ognuno preso dentro il proprio godimento mortifero, dall’altro, solo alla fine di quella che può essere considerata una tragicommedia dell’epoca contemporanea, si assiste a un’apertura verso qualcosa dell’ordine dell’amore.

Se Anora, seguendo Nikolaj, spera un poco nell’amore o forse solo in un riscatto sociale, Nikolaj e i suoi amici non chiedono altro che godere, senza limiti, mostrando così che accondiscendere al godimento significa aprire la via all’imperativo superegoico che, nel caso specifico di Nikolaj, assume le sembianze di quello che, alla fine del film, si manifesta come il desiderio materno capriccioso e folle, fuori senso. È interessante notare, inoltre, che ogni personaggio acconsente a “farsi fare” o a “farsi di” senza che questo ponga alcun problema, mentre il desiderio (supposto o reale) fuori contesto – da parte dei gorilla del padre di Nikolaj – produce le sonore e violente rimostranze di Anora che grida allo stupro…. Godere sì, ma illudendosi di volerlo e senza che l’altro entri gioco!

Le ultime scene del film, ci mostrano invece qualcosa di quelli che Jacques Lacan chiama i “percorsi di un riconoscimento”: Anora, dopo aver accettato l’annullamento del matrimonio con Nikolaj, torna a casa accompagnata da Igor che, inaspettatamente, le restituisce l’anello nuziale che le era stato sottratto. Nonostante si difenda dal suo desiderio, con lui condivide la lingua della nonna, oggetto perduto per entrambi. Per la prima volta, con Igor, da un lato si manifesta qualcosa dell’assenza e, dall’altro, il sesso non va, non è come dovrebbe… ed è proprio a questo punto che si apre, forse, lo spazio in cui il rapporto sessuale cessa di non scriversi.

 

 

[1] J. Lacan, Il Seminario, Libro X, L’angoscia, Einaudi, Torino, 2007, p. 209.

[2] J. Lacan, Il Seminario. Libro XX. Ancora, Einaudi, Torino, 2011, p. 138.

[3] Cfr. J.-A. Miller, “L’inconscio e il corpo parlante”, in J.-A. Miller (a cura di), Scilicet. Il corpo parlante. Sull’inconscio nel XXI secolo, Alpes, Roma, 2016, p. XXIV.